La Galleria Maurizio Nobile a TEFAF Maastricht 2020
La Galleria rinnova la sua presenza alla fiera, presentando una selezione esclusiva di opere, dal XVI al XX secolo, “frutto di una ricerca particolarmente scrupolosa”. Tra gli artisti in mostra: Gandolfi, Molteni, Giani e Vinchon BOLOGNA - Torna, dal 7 al 15 marzo 2020, TEFAF, considerata oggi tra gli eventi più importanti al mondo per l’arte antica e l’antiquariato, che si terrà al polo fieristico MECC (Maastricht Exhibition and Congress Centre). In questa edizione saranno presenti 280 espositori, che permetteranno di ammirare e acquistare oltre 7.000 anni di storia dell’arte. Tra questi rinnova la sua presenza, all'interno della sezione Works on papers, la Galleria Maurizio Nobile, che parteciperà con una selezione di opere esclusive “frutto di una ricerca particolarmente scrupolosa” - come spiega Maurizio Nobile, fondatore della Galleria. “Abbiamo deciso di dare spazio ad opere diverse sia in termini di tecniche impiegate sia in termini di periodi e stili, - racconta Nobile - in modo da offrire il ventaglio più ampio possibile di scelta e offerta che possa rappresentare una panoramica completa dell’arte compresa tra XVI e XX secolo”. La Galleria, aperta dal 1987, è attiva a Bologna, al numero 19/a di piazza Santo Stefano, e a Parigi, dal 2010, al 34 di rue de Penthièvre. Dalla sua fondazione, Nobile si è dedicato alla ricerca di opere d'arte d'eccezione, trattando principalmente dipinti, disegni e sculture dal XVI al XXI secolo. La Galleria, inoltre, prende da sempre parte ai più prestigiosi saloni italiani e stranieri, come la Biennale Internazionale dell’Antiquariato di Firenze, la London Art Week o il Salon du Dessin di Parigi, solo per citarne alcuni. Tra le opere che quest’anno la Galleria presenterà a Tefaf spiccano: Ritratto di giovinetta di Ubaldo Gandolfi (1728 – 1781), Ritratto maschile di profilo di Giuseppe Molteni (1800 - 1867), Autoritratto al cavalletto di Felice Giani (1758 - 1823) e 5 Teste di cavallo dalle stanze di Raffaello in Vaticano, di Auguste Jean-Baptiste Vinchon (1789 - 1855). L’opera di Gandolfi, un ritratto “in presa diretta”, realizzato a sanguigna e gesso bianco su carta, è una sorta di esercizio domestico dell'artista per sciogliere la mano, prima di passare a soggetti più seri. La bimba probabilmente è Marta, figlia del fratello minore Gaetano, ed è colta nell’intimità casalinga. Indossa camicia e grembiulino, ha i capelli raccolti in una morbida treccia leggermente scompigliata e pare indossare un anellino all’orecchio appena accennato da un tratto di matita rossa. L’opera, in base al segno, all’utilizzo sapiente dei rialzi di gesso che rendono il volto vibrante di vita, potrebbe essere databile al 1777. Di Giuseppe Molteni è invece proposto un ritratto di anonimo, datato 1840 circa. Potrebbe trattarsi di uno scultore, almeno in base alla foggia del berretto indossato dal soggetto. Come spiega una nota “Il carattere intimistico dell’opera, a differenza dei ritratti di ambientazione per i quali Molteni era famoso, così come la materia densa e corposa stesa con rapide ma precise pennellate, fanno pensare ad un’opera nata all’improvviso, forse da un incontro quasi fortuito che i due ebbero”. Di Giani si potrà ammirare un autoritratto ad inchiostro su carta, nel quale il pittore si ritrae con un vestito in tono dimesso, in netta controtendenza con gli autoritratti ridondanti a cui gli accademici affidavano l’affermazione del loro status sociale. Il foglio risale al 1790, periodo dell’arrivo del pittore a Roma e delle conseguenti prime esperienze dell’Accademia de’ Pensieri, fondata dallo stesso Giani, dove erano soliti riunirsi artisti provenienti da ogni parte ma accomunati dall’insofferenza agli insegnamenti impartiti nelle accademie tradizionali. L’opera può considerarsi l’omologo “diurno” di un altro autoritratto conservato a New York, al Cooper-Hewitt Museum, dove il pittore si rappresenta chino sul cavalletto durante una sessione di lavoro “a lume di notte”. Di particolare rilievo è anche l’opera di Vinchon, tra i maggiori pittori di storia e di ritratto della Francia della Restaurazione. Si tratta di un dipinto, databile attorno al 1815-1817, facente parte di una collezione di cinque olii su carta con studi di teste di cavalli dalle Stanze di Raffaello in Vaticano. Lo studio in questione è quello della testa del cavallo dell’imperatore Costantino, che si trova al centro del grande affresco della Battaglia di Ponte Milvio di Costantino contro Massenzio della cosiddetta Sala di Costantino, l’ultima delle quattro Stanze Vaticane di Raffaello, dipinta dai suoi allievi subito dopo la morte dell’Urbinate. Infine, in via del tutto eccezionale, sarà esposta una scultura: Loth e le figlie fuggono da Sodoma di Giovanni Battista Foggini (1652-1725) . Datata 1680-90, l’opera è un rilievo di terracotta che rappresenta l’episodio dalla Genesi in cui Loth e le sue figlie stanno lasciando la città di Sodoma scortate da due angeli. Lo scultore raffigura Loth, le sue figlie e i due angeli in altorilievo sulla sinistra, mentre la moglie di Loth e la città in fiamme sono rappresentate sul lato destro e sullo sfondo, tramite un sottile stiacciato. L’opera è il pendant di un altro rilievo delle stesse dimensioni, custodito al Royal Ontario Museum a Toronto, rappresentante anch’esso una scena della Genesi, Il sacrificio di Noè, che mostra Noè inginocchiato in primo piano dinanzi ad un altare. Insomma - come sottolinea Nobile - si tratta di una selezione pensata sicuramente per “incontrare il gusto e la curiosità di un pubblico vasto e sfaccettato”, ma che contemporaneamente possa anche ispirare i visitatori “ad aprirsi a forme d'arte meno convenzionali, come il disegno”. ...